"L'uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante;
colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte; ma solo è
perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero" U. da S.Vittore

Thursday 7 July 2011

Il calzolaio della Casbah, la multiculturalità di Tunisi e lo spauracchio dei Salafiti

Il calzolaio della casbah

Di sera, tra i vicoli illuminati della Casbah di Tunisi, le sue porte colorate gli edifici storici, i vecchi capitelli che sorreggono gli angoli delle strade, la bottega di un calzolaio è ancora aperta e illuminata alla luce di un neon. Mu'annath l'artigiano all'interno è intento a rifinire il modello di un sandalo femminile che venderà al mercato. Sull'uscio della piccola bottega una rigogliosa pianta di basilico per difendersi dalle zanzare che infestano le afose notti di Tunisi. La bottega è piena di vecchi strumenti del mestiere quelli originali ereditati dal padre tra cui spiccano un tavolo di lavoro vecchio e pieno di incrostazioni di colla e una vecchia macchina da cucire “Singer”.

Mu'annath ha imparato il mestiere all'età di quattordici anni, da suo padre che a sua volta lo ha appreso da calzolai italiani. La comunità italiana a Tunisi nel periodo della colonizzazione francese era la più grande comunità straniera del paese. Gli italiani per la maggior parte povera gente immigrata dalle regioni più disagiate della penisola hanno lasciato un ricco ricordo di se. Il dialetto tunisino è pieno di termini italiani, molti mestieri artigiani come quello del calzolaio sono stati importati dagli operosi immigrati siciliani o napoletani, così come la ricotta con la quale i tunisini farciscono dei panini aggiungendovi il miele o la marmellata di fichi. Nella zona della Gulette tra le fortificazioni spagnole di Carlo V si dipanano i vicoli della “Pètite Sicilie” il vecchio quartiere degli immigrati siciliani, dove è nata l'attrice Claudia Cardinale.

Tunisi è una città dalla forte connotazione mediterranea, ha tutto il mediterraneo in se; è araba, un pò italiana, un pò francese, un pò berbera, un pò europea ed un po africana. Le rigide definizioni si addicono male ad una tale multiculturalità e indubbiamente il popolo tunisino è quello che rappresenta meglio tra tutti i paesi arabi la felice convivenza tra oriente occidente Africa ed Europa. La Tunisia di oggi può essere il laboratorio ideale per la realizzazione di una società arabo islamica moderna con un sistema politico democratico. Grazie al suo passato e alla sua tradizione di apertura e multiculturalità, la Tunisia del periodo post rivoluzionario può produrre interessanti sviluppi nel campo del dialogo interculturale e può sicuramente costituire una valida e sensata risposta alla tensione tra modernità ed islam che affligge le società arabe contemporanee. Tuttavia qualcuno teme molto questa possibile evoluzione della Tunisia. Qualcuno teme molto che la riscoperta di questo modello così libero e vario possa diffondersi a macchia d'olio in tutto il mondo arabo e il Maghreb. Gli stessi tunisini non sembrano tanto coscienti del ruolo guida che hanno assunto nell'intero Maghreb dopo che il venditore ambulante di Sidi Buzid si è dato fuoco innescando la rivoluzione dei gelsomini. I tunisini appaiono ad uno sguardo esterno ancora spensieratamente inebriati dall'aria di rivoluzione, il partito religioso an-Nahda è il partito più forte del paese mentre qualcuno da dietro le quinte agita lo spauracchio del salafismo cercando di fare della strategia della tensione la via per una nuova dittatura.

I gravi fatti del cinema Africa e le violente contestazioni dei socialisti sembrano voler suggerire questo scenario. Ma chi sono veramente questi Salafiti; oggi pomeriggio un gruppo di giovani religiosi del “partito della libertà” hanno tenuto un piccolo comizio al centro di Tunisi su Avenue Burghiba distribuendo dei volantini nei quali si dissociavano dalle violenze dei giorni scorsi e dalle azioni dei Salafiti. Allora viene davvero il dubbio che quello del gruppo estremista islamico sia uno spauracchio manovrato da chi è duro a mollare potere e privilegi e che vorrebbe uno stato di caos per poter imporre con la forza un nuovo regime. Anche questo purtroppo rischia di essere un modello da esportare nel resto dei paesi arabi in rivolta.
"La libertà si conquista giorno per giorno"

"Che bella la Tunisia senza Ben Ali Babà e i 40 ladroni"

Friday 1 July 2011

Reportage Fotografico degli scontri del 29 Giugno

il sito di al-Jazeera ieri riportava pi di mille feriti negli scontri del 29 Giugno davanti al ministero degli interni egiziano. Le proteste sono nate a causa della sospensione dei processi contro i responsabili delle stragi del 9 Marzo e del 7 Aprile scorsi. Di seguito alcune foto scattate quel giorno:

1. La Piazza si mobilita in Mattinata a sostegno delle Famiglie delle vittime della rivoluzione


Non sono un teppista, voglio la fine della giunta militare corrotta

Le famiglie delle vittime accampate a Midan Tahrir lungo il Nilo
"Il ministero degli Interni è il teppista"



2. In seguito ai violenti scontri si preparano delle barricate per bloccare l'accesso di Tahrir dal lato del ministero degli interni
 









3. Si contano i feriti dopo i primi scontri, molti di loro sono trasportati con mezzi di fortuna nei punti di cura più vicini

4. In serata la gente si accampa a Midan Tahrir dove resterà la notte in presidio permanente:





Preghiera del tramonto


Vecchi e nuovi tipi di Gas

Un anziano mostra proiettili di gas
Negli scontri che sono avvenuti l'altro giorno al centro del Cairo, a dire dei manifestanti, sono stati usati nuovi e più potenti tipi di gas lacrimogeni. Nelle retrovie di piazza Tahrir numerose persone brandivano infuriate le capsule sparate contro di loro pochi minuti prima. Sono certo che numerose delle ferite e contusioni riportate dai manifestanti durante quegli scontri sono dovute a questi proiettili che vengono lanciati ad altezza uomo. 

Non solo è proibito dalle leggi di tutto il mondo l'uso di questi gas come proiettili contro le persone ma è anche scritto "politically correct" sugli stessi proiettili. Sicuramente i poliziotti egiziani non sanno leggere l'inglese e gli ufficiali che li comandano non hanno intenzione di sparare alto. 

Ho udito alcune voci inferocite di manifestanti gridare contro gli Stati Uniti colpevoli di fornire questi gas ai militari egiziani. Alcuni manifestanti sostengono che questi nuovi tipi di gas sono molto più forti e dannosi, provocano sonnolenza e problemi respiratori. Molti sostengono che sono frutto di un nuovo rifornimento dopo che le vecchie scorte erano terminate dato l'ingente utilizzo nei mesi scorsi. 

Nulla di strano quindi che una nuova grossa fornitura di materiale antisommossa sia arrivata in Egitto negli ultimi mesi, segno che per chi governa ce ne sarà molto bisogno in futuro.



Proiettile di Gas lacrimogeno di vecchio tipo (1987)

I manifestanti mostrano l'anno di produzione dei nuovi proiettili  (2003)
"Attenzione non sparare addosso alle persone"



Nome codice e indirizzo di produzione


Made in U.S.A. 


Cairo 29 Giugno: dalla Piazza







DAvanti il ministero degli interni il Mogamma
Fin da ieri pomeriggio una folla è tornata ad occupare Midan et-Tahrir. La maggior parte sono familiari delle vittime delle violenze, torture ed arresti compiuti dalle forze di polizia e dall'esercito nei giorni di proteste dello scorso Gennaio. Molti di loro si erano dati appuntamento per un sit in di protesta davanti al teatro BALOON ieri, ma è stato loro negato l'ingresso così sono scoppiati i primi scontri. Dal teatro i manifestanti si sono spostati attraverso midan el-Tahrir verso il ministero della difesa che è stato preso d'assalto per l'intera giornata, con numerosi feriti tra i manifestanti. 


Il nucleo della protesta sono le famiglie delle vittime e alcune associazioni che si battono contro il potere della giunta militare e per punire le responsabilità di alcuni degli ex-gerarchi ancora in carica e per porre fine al controllo da parte dell'esercito del paese e del processo di transizione. Le rivolte di Gennaio hanno risvegliato molti egiziani che ora vorrebbero la costituzione di un sistema realmente democratico. 




Le anime tuttavia sono differenti, in piazza vi sono giovani artisti e studenti che si sono costituiti in diversi gruppi o associazioni per la maggior parte in seguito ai fatti di Marzo e Aprile. Questi comitati spontanei e non politicizzati denunciano sopratutto le violazioni dei diritti civili e il potere della giunta militare. Poi ci sono i ragazzi che fanno prima linea negli scontri, gli shabaab che scendono in piazza a sfogare la loro giovanile rabbia e che si scontrano fisicamente con le forze di sicurezza. Li chiamerei i figli del popolo coloro a cui in tutte le rivoluzioni è lasciato il lavoro sporco e rischioso della violenza. 

Midan Tahrir :Una donna legge i messaggi lasciati dai familiari delle vittime


Molti di loro a differenza dagli attivisti per i diritti civili non provengono dalla borghesia, dalla classe media, non hanno una visione politica di quello che avviene e non scelgono di lottare per qualcosa di preciso. Sono i figli della strada spesso analfabeti o con un basso livello di istruzione, vittime delle forme più spietate del sistema capitalistico che riduce l'essere urbano a schiavo, sono in strada perché non vedono alternative e perché sono realmente inferociti dalla fame e dalle ingiustizie.


 Come sempre la strada e le rivoluzioni mescolano le genti. L'Egitto, un paese di ottanta mila abitanti con una rivoluzione politica ancora in corso ha al suo interno enormi differenze sociali. La società si sta mescolando timidamente per la prima volta dopo trenta anni di regime. Le differenze sono molte, infide ma visibili. Dove porterà questa timida mescolanza ? Può indurre una reciproca scoperta tra le diverse classi ma non è detto che possa portare in modo indolore ai cambiamenti necessari. Non è detto che tutto funzionerà bene e che l'identità e la fraternità del popolo egiziano prevarrà in maniera pacifica a discapito dei privilegi delle classi alte, in un paese dove la classe media non è che una minima parte. Intanto un'altro grande stato arabo dell'area è visibilmente in bilico e in un malcelato caos sociale.









Dalla Palestina al CAiro

Un bimbo pesca sul mar Rosso
Dopo un mese di "silenzio stampa" dalla Palestina dovuto a ripetuti impegni e alla decisione di una autocensura per evitare problemi con le autorità israeliane, torno a scrivere dal Cairo.
Attraverso il confine di Taba da Israele sono passato in Sinai. La penisola che ci ha dato i dieci comandamenti mi ha bloccato per un paio di giorni sulle sponde del suo splendido mare. Accampato con dei beduini per tre notti e tre giorni su una spiaggia vuota dove gli ultimi turisti Israeliani si erano avventurati pochi giorni prima ho lasciato che il silenzio mi avvolgesse e i rumori che mi portavo dentro della Palestina si sono pian piano affievoliti. Ho goduto del mare e del pesce pescato dai bimbi beduini.

IL glorioso Bus dal Sinai al Cairo
Due giorni fa, lasciate le spiagge del mar Rosso sono partito per il Cairo che ho raggiunto dopo un lungo viaggio di dieci ore.
Qui speravo di poter conoscere e incontrare qualcuno dei giovani che hanno partecipato agli scontri degli scorsi mesi. Ho trovato di più, una società in fermento e in cambiamento. Mi fermerò  in Egitto fino a Sabato per volare a Tunisi, ultima tappa di questa gita tra le città delle rivoluzioni del Nord Africa, evitando prudentemente la Libia ancora in guerra.

manifestanti tornano in Piazza Tahrir 29 Giugno 
Il prossimo blog infatti è la descrizione  di getto delle sensazioni a caldo percepite dalla piazza Tahrir il giorno seguente al mio arrivo, il 29 Giugno. Da circa un mese e forse più la situazione era stabile con una giunta che conduce le trame di oscuri giochi di potere e la maggior parte della popolazione che beve qualsiasi balla la propaganda gli serve per tenerla a bada, dalle spie israeliane che tentano di sabotare la rivoluzione alla demonizzazione dei Baltagi (teppisti), nemici buoni per ogni scusa. L'altro ieri una folla di gente ha tentato l'assalto al ministero degli interni, la rivoluzione sembra non essere terminata e gli scontenti sono ancora molti.

mancavo da quattro anni, come è cambiato l'Egitto...e dove andrà ?




Monday 23 May 2011

La tomba di Giuseppe a Nablus


Ingresso della tomba
C'è tensione nel campo profughi di Balata e si prevedono scontri in occasione dell'annuncio della visita di un gruppo di parlamentari della Knesset presso quella che si ritiene essere la tomba di Giuseppe sita a poche centinaia di metri dal campo. La visita prevista per domani, secondo quanto riportato dalla agenzia Maan, è stata approvata martedì scorso dal ministro della difesa Ehud Barak  in seguito ad una petizione di alcuni membri di estrema destra del parlamento israeliano.

Il luogo, un piccolo mausoleo islamico di epoca recente dedicato a Nabi Yusuf (il profeta Giuseppe), si trova nel territorio controllato dell'autorità palestinese ed è da anni meta di pellegrinaggio dei coloni della destra estremista religiosa che lo ritengono un importante santuario ebraico. Le visite dei coloni avvengono solitamente di notte grazie al coordinamento tra la polizia palestinese  che presidia il luogo e l'esercito israeliano che li scorta presso la tomba. Meno di un mese fa un colono di Elon Moreh, Ben Yosef Livnat nipote del ministro della cultura Limor Livnat, è rimasto ucciso in una sparatoria con la polizia palestinese durante una visita notturna non autorizzata. Quella prevista per domani sarà la prima visita ufficiale di una delegazione parlamentare e la prima visita di israeliani durante le ore diurne.


L'interno del mausoleo alquanto spoglio e in rovina è costituito da un sarcofago di epoca recente in cui si pensa siano custodite le spoglie del profeta biblico. Il sarcofago che nella posizione originaria, come in tutti mausolei islamici, era orientato verso la mecca è stato spostato dai coloni in direzione di Gerusalemme. La popolazione locale è preoccupata che il riconoscimento di questa tomba come luogo importante per l'ebraismo possa dare adito a rivendicazioni della destra estremista religiosa come già successo per la tomba di Abramo ad Hebron.


La maggior parte della gente del posto pensa che l'attribuzione della tomba al patriarca biblico sia solo una impostura, sia il mausoleo sia la tomba infatti sono di epoca molto recente. Tuttavia i riferimenti biblici non mancano e seppure non dimostrano che quello sia il luogo esatto della sepoltura di Giuseppe creano delle forti motivazioni ideologiche per le frange più estremiste dei coloni israeliani.

Saturday 14 May 2011

Terza intifada...Cui Prodest ?

ieri a Gerusalemme


Un fine settimana di tensioni prepara la commemorazione della Nakba. Una intensa e inusuale pioggia è giunta oggi sulla Palestina a lavare la rabbia dei giorni scorsi. Da molte parti segnali di una terza intifada che sta per cominciare. Su Facebook, due settimane fa è stato creato e poi subito chiuso un account che incitava alla terza intifada. I giovani dei paesi arabi infervorati dai recenti avvenimenti hanno trovato una ragione in più per mostrare la loro rabbia ai regimi dittatoriali e al nemico numero uno, Israele.

 Ma dalla Palestina uno strano silenzio, è come se tutto ciò avvenisse al di fuori; poi ieri il solito venerdì di proteste si è trasformato in scontri che qualcuno vuole leggere come l'inizio della terza intifada. 

Dal cuore della Palestina, tuttavia questa parola evoca ancora terribili ricordi. Quello che è un potente tam tam sui media poco riflesso ha veramente sulla popolazione dei territori palestinesi. Chi ha vissuto le due intifadat, sopratutto l'ultima e sopratutto in luoghi da cui gli occidentali e i media si tengono distanti (Jenin, Nablus), sa bene cosa vogliono dire. Lunghi giorni di coprifuoco a volte mesi, raid di reparti di giovani israeliani invasati e resi folli dalla tensione e dalla paura. Pallottole vaganti che ti entrano in casa, bucano poltrone, vetri e arredamenti. Bombardamenti aerei ed elicotteri che ronzano sulla testa. La follia della guerra insomma, un inferno. Chi ha vissuto le due intifadat non è tra quelli che oggi incitano alla terza intifada. Il popolo palestinese, il vero popolo palestinese che stenta a risollevarsi dall'ultima non ne vuole una nuova. 

scontri a Gerusalemme
Le voci che in questi giorni si stanno levando in favore di una nuova intifada dovrebbero stare attente al gioco che fanno.  Gli spiriti partigiani di qualche rivoluzionario nostrano farebbero meglio ad abbandonare la speranza di una rivolta che porti alla liberazione della Palestina. E i figli della nostra borghesia che più o meno giovani, non sono mai stanchi di risorgimentali furori, dovrebbero analizzare la realtà con più attenzione anziché gioire di false speranze. A chi gioverebbe veramente una nuova intifada?

Senza dubbio si tradurrebbe in ultima analisi di una nuova potente e violenta offensiva dell'esercito israeliano sui territori palestinesi che a stento negli ultimi anni stanno cercando di riprendersi. Una tale eventualità offrirebbe ad Israele un pretesto per minare la riconciliazione delle forze politiche palestinesi in vista della richiesta all'Onu del riconoscimento di uno stato palestinese, prevista per Settembre e sprofonderebbe ancora di più la popolazione civile nell'oblio e nella distruzione. 

la preghiera del venerdì si è svolta
senza incidenti a Gerusalemme
Ieri a Gerusalemme e in alcuni luoghi simbolo delle proteste anti muro, le consuete manifestazioni si sono trasformate in violenti scontri. Tuttavia non si tratta dei segnali di una terza intifada, pochi gruppetti sparsi di giovani, qualcuno con molotov ma il grosso della popolazione araba si è raccolta in preghiera pacificamente come ogni venerdì ad al-Aqsa, come riportato dal quotidiano Ha'aretz*. 

Piuttosto viene il dubbio che qualcuno voglia creare questa sensazione per far si che magari delle proteste più diffuse scoppino veramente, per poter poi intervenire. I media in questo possono giocare un importante ruolo catalizzatore, attenti dunque a leggere le notizie di questi giorni. 

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Ha'aretz 13.05.11 : "Prayers on the Temple Mount in which 8,000 worshippers were in attendance, took place without a hitch, despite predictions of possible unrest".

Saturday 7 May 2011

Nakba 63°: Il centro Badil consegna i premi del concorso Al Awda



Uno dei poster premiati
 Il centro di documentazione per i diritti dei rifugiati BADIL che dal 2006 organizza annualmente il premio Al Awda (il ritorno) per la commemorazione della Nakba,  ha festeggiato oggi la premiazione dei lavori dei concorrenti.
Il fine del concorso è quello di invitare scrittori, artisti, giornalisti e fotografi, stranieri e palestinesi a produrre un contributo sul tema della difesa e dell'applicazione dei diritti dei rifugiati palestinesi. Quest'anno le cinque categorie del concorso erano 1) Fotografia 2) Poster 3) Fumetti 4) Fotografia per bambini e giovani 5) Racconti per l'infanzia. 

La cerimonia si è svolta nel palazzo della cultura di Ramallah, vicino alla tomba del poeta palestinese Mahmud Darwish, alla presenza di rappresentanti ufficiali e di numerose organizzazioni da tutti i campi profughi della Cisgiordania. L'evento che è stato accompagnato dalla musica di Reem al-Banna e da uno spettacolo di danze tradizionali, inaugura una serie di iniziative che si svolgeranno in questo mese nei Territori Palestinesi in occasione del 63° anniversario della Nakba. La commemorazione ufficiale si svolgerà il 15 Maggio giorno della  catastrofe (in arabo al-Nakba) che la nascita dello stato ebraico provocò  nei villaggi della Palestina mandataria.

 
Andrea e Magda
Tra i vincitori del premio fotografico Andrea e la sua compagna Magda che dal 2009 vivono e lavorano insieme in Palestina. Tra i loro lavori più recenti nei Territori Palestinesi la mostra "Existence Denied" inaugurata presso l'alternative information center a Beit Saur nel 2009 ed esposta in Italia al teatro De Andrè a Casalgrande (RE) nel 2010 e presso il Memo di Modena nel 2011.


Lo scatto di Andrea e Magda

Lo scatto di Muhammed al-Agha' di Gaza
La cantante Reem al Banna















Wednesday 27 April 2011

Abu Ghosh, l'acqua è sacra!


        Il villaggetto arabo di Abu Ghosh si trova sulla strada che anticamente conduceva dalla costa a Gerusalemme. L'autostrada moderna che collega Tel Aviv alla città santa segue lo stesso tracciato così, poco prima di giungere sulla collina di Gerusalemme si incrocia questo piccolo villaggio appoggiato su tre colline. Per chi viene dalla moderna Tel Aviv e dalla parte costiera di Israele spicca la differente architettura araba delle case di Abu Ghosh, basse abitazioni di pietra calcarea, bianche e lucenti al sole caldo del medio oriente. Il cuore del villaggio è occupato da una abbazia benedettina edificata sulla sommità di un anfiteatro naturale formato dalle tre colline di cui consiste l'abitato. Il luogo dove sorge il convento fu donato dall'impero ottomano nel 1873 ad un nobile francese ed esso a sua volta lo donò all'ordine religioso che iniziò la costruzione dell'edificio ai primi del novecento. Oggi l'abbazia ospita ancora la comunità di frati francesi ed uno splendido giardino. I frati producono alcuni manufatti di ceramica, del limoncello e sono molto bravi nel commercializzare i loro prodotti per i quali preferiscono farsi pagare in euro! 
il giardino dell'abbazia
     Il convento sorge accanto ad una chiesa ben più antica, edificata dall'ordine degli ospitalieri (quelli che cacciati dalla terra santa e da Rodi diventeranno i cavalieri di Malta) nella metà del XII secolo all'epoca dei regni crociati di Palestina. Il luogo, che i cavalieri crociati identificarono come il villaggio biblico di Emmaus, è abitato fin dal Neolitico e nel periodo biblico era occupato da un villaggio che segnava il confine tra le tribù ebraice di Giuda e Beniamino. La ragione di tanta frequentazione è semplice. Sulla cresta della collina si trova una abbondante fonte di acqua e ogni popolo che si è trovato a passare da qui vi si è insediato per il suo sfruttamento. I romani con il loro spirito organizzato e funzionale e il loro sapere architettonico vi costruirono un acquedotto e delle terme i cui resti sono ancora visibili in una grotta all'interno della chiesa. Il canale romano sfocia pochi metri più in basso a lato della moschea e la bocca d'acqua che ne viene fuori costituisce la fontana delle abluzioni rituali che ogni fedele musulmano è tenuto a fare prima della preghiera. Tutte le culture e le religioni che si sono avvicendate su questa altura hanno dato un valore estremamente importante alla fonte e l'intreccio architettonico che su di essa hanno lasciato ne è la testimonianza. Abu Ghosh sembra racchiudere in se l'essenza dell'importanza divina che all'acqua hanno attribuito tutti i popoli che hanno messo piede in questa terra generalmente arida. Tuttavia ai giorni nostri le "autorità competenti" sembrano non aver appreso dalla storia.
ingresso della chiesa degli ospitalieri
      La rete idrica di Israele, oggetto in questi anni di una pervasiva campagna che a causa della desertificazione incita al risparmio, è un esempio chiaro di come il controllo dell'acqua sia esclusivo monopolio israeliano a discapito dei territori palestinesi. La conquista del Golan acquisito con la guerra del 1967 ha assicurato ad Israele la più grande risorsa idrica della regione, le sorgenti dei fiumi Banyas, Litani e Dan e il Kineret (lago di Tiberiade). Nelle regioni centrali le faglie acquifere che distribuiscono acqua ai territori palestinesi del nord sono tutte gestite dallo stato ebraico che ne ha preso il controllo occupando la West Bank. La zona più ricca d'acqua nella Cisgiordania è quella di Qalqilye, a ridosso della linea di armistizio ed è lì che il muro esclude le faglie dal territorio palestinese entrando di alcuni chilometri oltre il confine ufficiale. Il sud di Israele poi è irrigato dalle povere acque del Giordano ad esclusivo controllo dello stato ebraico. I territori palestinesi in questo modo pur avendo una popolazione pressapoco uguale a quella di Israele usufruiscono di meno di un terzo dell'acqua a disposizione nella regione e sempre per gentile concessione della ditta idrica israeliana Mekorot. Come non dubitare dinnanzi a questa realtà che oggi anche l'acqua come ogni cosa santa di questa terra è ritenuta essere ad esclusivo beneficio di alcuni a discapito di altri.
Vedi ultimo report B'tselem



affresco della chiesa crociata

affresco della chiesa di epoca crociata

affresco della chiesa di epoca crociata




Saturday 16 April 2011

Guerrilla Radio si è spenta


 Ore 20:45, Il check point di Qalandya è affollato, scene di ordinaria umiliazione tra le gabbie metalliche attraverso cui si accede a Gerusalemme venendo da Ramallah e dal nord dei territori palestinesi. La gente è in coda da più di un ora e io con loro. Gesti di grande umanità tra i palestinesi, come una fila intera che si apre per dare la precedenza ad una anziana signora provata dalla lunga attesa ma anche scene di calca e nervosismo di persone che si strattonano e si spingono per accedere primi alla porta metallica. Un ragazzo commenta: "Questo è quello che non mi piace della mia gente non riusciamo ad essere organizzati!"; la voce di una signora di mezza età risponde con saggio sarcasmo "Figlio mio, se fossimo capaci di questo Israele non ci tratterebbe così da sessanta anni". Una grande verità!
  Passa un'altra mezzora e finalmente a poco a poco saliamo su uno degli ultimi autobus che dal check point porta a Gerusalemme. C'è grande tensione e stanchezza per una quotidianità che si fa fatica ad accettare. Sul pullman apprendo dalla radio palestinese che un volontario italiano è stato rapito a Gaza. Il pensiero va subito a Vittorio che con il suo coraggio sfidava a Gaza la paura e la guerra dando un grande esempio di umanità. 
  Ma in questa terra di umanità violata, dissacrata, violentata le persone come lui fanno paura perché combattono con armi molto più potenti ed efficaci di quelle convenzionali. Così come Juliano è stato deciso che doveva morire e tutti ci siamo resi conto all'alba che il rapimento non era che un pretesto. L'obbiettivo era uccidere. Il dolore per questa altra perdita ha riempito la mia giornata in una assolata Gerusalemme. Non riesco a leggere i commenti, le falsità che inondano i giornali ed il web. Preferisco ricordarlo dall'alto delle mura della città santa in un a solitaria personale preghiera in lode ai valori di umanità per cui è morto.
Addio Vittorio

Saturday 9 April 2011

Uno stadio per la nazionale palestinese

           Con la creazione dell'autorità nazionale palestinese, alla fine degli anni novanta rinasce il calcio a livello professionistico nei territori della Cisgiordania e Gaza. Le maggiori squadre della lega nazionale che si disputano il campionato sono la Hillal al-Quds di Gerusalemme che è la prima in classifica, seguita dal Markaz Shabab Al-Am´ari dal campo profughi tra Ramallah e al-Bireh, Shabab Al-Thahriyeh dal villaggio a sud di Hebron, Markaz Balatah campo profughi di Balata presso Nablus e Wadi Al-Neiss vincitrice dell'edizione 2008 2009. Notevole è la presenza tra le squadre palestinesi di clubs provenienti dai campi profughi.
Panchina della nazionale Palestinese
    Nel 1998 la lega palestinese si inscrive alla FIFA e torna a far parte della lega mondiale calcistica. Nell'ottobre del 2008 viene inaugurato il campo da calcio della nazionale, nuovo e attrezzato a livelli internazionali, può ospitare dai 25.000 alle 30.000 spettatori. Questo campo è stato costruito, con fondi sauditi e di altri paesi arabi alla periferia sud di Ramallah proprio a ridosso della barriera israeliana che è stata ultimata in quella area tra la fine de 2006 e il 2007. I quartieri circostanti, ar-Ram e Dayaat el-Barid, sono stati di recente chiusi con la posa di una enorme porta di cemento armato che si congiunge alla barriera passando tra le case. Quelli che prima erano vicini di casa si trovano ora a potersi salutare a malapena dalla finestra da dietro il muro di otto metri. Da una parte sono stati annessi al territorio israeliano della grande Geruslemme, dall'altro sono dentro i territori palestinesi.
    La gente del posto tuttavia è molto orgogliosa della struttura, il primo campo da calcio ufficiale che la nazionale palestinese può esibire durante gli incontri internazionali come simbolo dell'orgoglio e di riconoscimento dello stato palestinese. A detta dei rappresentanti  della federazione Palestinese e della FCA (la Federazione Asiatica) la sua inaugurazione è stato un importante evento politico oltre che sportivo.
   Il campo è custodito da un personale di tredici impiegati, che si occupano della sicurezza e della manutenzione i quali ci mostrano contenti la moderna e grande struttura. La nazionale palestinese viene ad allenarsi qui, ci dicono orgogliosi e nella guesthouse, attrezzata ad ospitare due squadre, si svolgono i suoi ritiri e i giocatori vi alloggiano durante gli allenamenti. L'ingresso è gratis, le partite sono sempre affollate e il palco d'onore che svetta sotto la cabina tecnica è sempre pieno di personalità.
Nazionale palestinese
   La prima partita ufficiale ospitata dalla Palestina si è svolta lo scorso Marzo su questo campo. La nazionale ha giocato il secondo turno contro la Tailandia per la classificazione alle olimpiadi del 2012 non riuscendo però a qualificarsi. E' stata tuttavia una festa, finora le partite di qualificazione ufficiali della nazionale palestinese si erano svolte in altri paesi come la Giordania o il Kuwait. Con l'inaugurazione di questo campo si da l'opportunità ai palestinesi di seguire la propria nazionale in casa. “L'intero mondo vedrà oggi la Palestina vincere un grande risultato per mezzo dello sport” ha dichiarato il presidente della lega nazionale, Jibril Rajub, presente all'incontro.
   Per i palestinesi, riporta il sito ufficiale della FIFA, la partita con la Tailandia ha avuto un profondo significato politico rappresentando non solo un passo avanti nello sforzo di costruire delle istituzioni di uno stato ma anche nel mostrare che la Palestina è in grado di ospitare incontri calcistici a livello internazionale. La speranza è che attraverso il calcio la Palestina possa anche guadagnare una riconoscenza internazionale. Intanto la prossima partita, molto attesa vedrà ospite il 26 Giugno la squadra nazionale afghana per un incontro amichevole.
“Lo sport deve essere un ponte tra le persone e possibili via alla pace in questa regione” ha commentato un rappresentante della Federazione Calcistica Asiatica, tuttavia come non pensare alle squadre di Gaza sono rimaste escluse anche quest'anno dalla competizione.
Link utili
Federazione Calcistica Palestinese ( in arabo)
Pagina FIFA nazionale Palestinese (inglese)
West BAnk Premier League 2008/09
Breve storia calcio Palestinese
vista della curva Sud

Spalti d'onore
vista degli spalti con foto di Rajiub e del ministro dello sport Muhammad Ibrahim al Mahdun