"L'uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante;
colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte; ma solo è
perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero" U. da S.Vittore

Wednesday 27 April 2011

Abu Ghosh, l'acqua è sacra!


        Il villaggetto arabo di Abu Ghosh si trova sulla strada che anticamente conduceva dalla costa a Gerusalemme. L'autostrada moderna che collega Tel Aviv alla città santa segue lo stesso tracciato così, poco prima di giungere sulla collina di Gerusalemme si incrocia questo piccolo villaggio appoggiato su tre colline. Per chi viene dalla moderna Tel Aviv e dalla parte costiera di Israele spicca la differente architettura araba delle case di Abu Ghosh, basse abitazioni di pietra calcarea, bianche e lucenti al sole caldo del medio oriente. Il cuore del villaggio è occupato da una abbazia benedettina edificata sulla sommità di un anfiteatro naturale formato dalle tre colline di cui consiste l'abitato. Il luogo dove sorge il convento fu donato dall'impero ottomano nel 1873 ad un nobile francese ed esso a sua volta lo donò all'ordine religioso che iniziò la costruzione dell'edificio ai primi del novecento. Oggi l'abbazia ospita ancora la comunità di frati francesi ed uno splendido giardino. I frati producono alcuni manufatti di ceramica, del limoncello e sono molto bravi nel commercializzare i loro prodotti per i quali preferiscono farsi pagare in euro! 
il giardino dell'abbazia
     Il convento sorge accanto ad una chiesa ben più antica, edificata dall'ordine degli ospitalieri (quelli che cacciati dalla terra santa e da Rodi diventeranno i cavalieri di Malta) nella metà del XII secolo all'epoca dei regni crociati di Palestina. Il luogo, che i cavalieri crociati identificarono come il villaggio biblico di Emmaus, è abitato fin dal Neolitico e nel periodo biblico era occupato da un villaggio che segnava il confine tra le tribù ebraice di Giuda e Beniamino. La ragione di tanta frequentazione è semplice. Sulla cresta della collina si trova una abbondante fonte di acqua e ogni popolo che si è trovato a passare da qui vi si è insediato per il suo sfruttamento. I romani con il loro spirito organizzato e funzionale e il loro sapere architettonico vi costruirono un acquedotto e delle terme i cui resti sono ancora visibili in una grotta all'interno della chiesa. Il canale romano sfocia pochi metri più in basso a lato della moschea e la bocca d'acqua che ne viene fuori costituisce la fontana delle abluzioni rituali che ogni fedele musulmano è tenuto a fare prima della preghiera. Tutte le culture e le religioni che si sono avvicendate su questa altura hanno dato un valore estremamente importante alla fonte e l'intreccio architettonico che su di essa hanno lasciato ne è la testimonianza. Abu Ghosh sembra racchiudere in se l'essenza dell'importanza divina che all'acqua hanno attribuito tutti i popoli che hanno messo piede in questa terra generalmente arida. Tuttavia ai giorni nostri le "autorità competenti" sembrano non aver appreso dalla storia.
ingresso della chiesa degli ospitalieri
      La rete idrica di Israele, oggetto in questi anni di una pervasiva campagna che a causa della desertificazione incita al risparmio, è un esempio chiaro di come il controllo dell'acqua sia esclusivo monopolio israeliano a discapito dei territori palestinesi. La conquista del Golan acquisito con la guerra del 1967 ha assicurato ad Israele la più grande risorsa idrica della regione, le sorgenti dei fiumi Banyas, Litani e Dan e il Kineret (lago di Tiberiade). Nelle regioni centrali le faglie acquifere che distribuiscono acqua ai territori palestinesi del nord sono tutte gestite dallo stato ebraico che ne ha preso il controllo occupando la West Bank. La zona più ricca d'acqua nella Cisgiordania è quella di Qalqilye, a ridosso della linea di armistizio ed è lì che il muro esclude le faglie dal territorio palestinese entrando di alcuni chilometri oltre il confine ufficiale. Il sud di Israele poi è irrigato dalle povere acque del Giordano ad esclusivo controllo dello stato ebraico. I territori palestinesi in questo modo pur avendo una popolazione pressapoco uguale a quella di Israele usufruiscono di meno di un terzo dell'acqua a disposizione nella regione e sempre per gentile concessione della ditta idrica israeliana Mekorot. Come non dubitare dinnanzi a questa realtà che oggi anche l'acqua come ogni cosa santa di questa terra è ritenuta essere ad esclusivo beneficio di alcuni a discapito di altri.
Vedi ultimo report B'tselem



affresco della chiesa crociata

affresco della chiesa di epoca crociata

affresco della chiesa di epoca crociata




Saturday 16 April 2011

Guerrilla Radio si è spenta


 Ore 20:45, Il check point di Qalandya è affollato, scene di ordinaria umiliazione tra le gabbie metalliche attraverso cui si accede a Gerusalemme venendo da Ramallah e dal nord dei territori palestinesi. La gente è in coda da più di un ora e io con loro. Gesti di grande umanità tra i palestinesi, come una fila intera che si apre per dare la precedenza ad una anziana signora provata dalla lunga attesa ma anche scene di calca e nervosismo di persone che si strattonano e si spingono per accedere primi alla porta metallica. Un ragazzo commenta: "Questo è quello che non mi piace della mia gente non riusciamo ad essere organizzati!"; la voce di una signora di mezza età risponde con saggio sarcasmo "Figlio mio, se fossimo capaci di questo Israele non ci tratterebbe così da sessanta anni". Una grande verità!
  Passa un'altra mezzora e finalmente a poco a poco saliamo su uno degli ultimi autobus che dal check point porta a Gerusalemme. C'è grande tensione e stanchezza per una quotidianità che si fa fatica ad accettare. Sul pullman apprendo dalla radio palestinese che un volontario italiano è stato rapito a Gaza. Il pensiero va subito a Vittorio che con il suo coraggio sfidava a Gaza la paura e la guerra dando un grande esempio di umanità. 
  Ma in questa terra di umanità violata, dissacrata, violentata le persone come lui fanno paura perché combattono con armi molto più potenti ed efficaci di quelle convenzionali. Così come Juliano è stato deciso che doveva morire e tutti ci siamo resi conto all'alba che il rapimento non era che un pretesto. L'obbiettivo era uccidere. Il dolore per questa altra perdita ha riempito la mia giornata in una assolata Gerusalemme. Non riesco a leggere i commenti, le falsità che inondano i giornali ed il web. Preferisco ricordarlo dall'alto delle mura della città santa in un a solitaria personale preghiera in lode ai valori di umanità per cui è morto.
Addio Vittorio

Saturday 9 April 2011

Uno stadio per la nazionale palestinese

           Con la creazione dell'autorità nazionale palestinese, alla fine degli anni novanta rinasce il calcio a livello professionistico nei territori della Cisgiordania e Gaza. Le maggiori squadre della lega nazionale che si disputano il campionato sono la Hillal al-Quds di Gerusalemme che è la prima in classifica, seguita dal Markaz Shabab Al-Am´ari dal campo profughi tra Ramallah e al-Bireh, Shabab Al-Thahriyeh dal villaggio a sud di Hebron, Markaz Balatah campo profughi di Balata presso Nablus e Wadi Al-Neiss vincitrice dell'edizione 2008 2009. Notevole è la presenza tra le squadre palestinesi di clubs provenienti dai campi profughi.
Panchina della nazionale Palestinese
    Nel 1998 la lega palestinese si inscrive alla FIFA e torna a far parte della lega mondiale calcistica. Nell'ottobre del 2008 viene inaugurato il campo da calcio della nazionale, nuovo e attrezzato a livelli internazionali, può ospitare dai 25.000 alle 30.000 spettatori. Questo campo è stato costruito, con fondi sauditi e di altri paesi arabi alla periferia sud di Ramallah proprio a ridosso della barriera israeliana che è stata ultimata in quella area tra la fine de 2006 e il 2007. I quartieri circostanti, ar-Ram e Dayaat el-Barid, sono stati di recente chiusi con la posa di una enorme porta di cemento armato che si congiunge alla barriera passando tra le case. Quelli che prima erano vicini di casa si trovano ora a potersi salutare a malapena dalla finestra da dietro il muro di otto metri. Da una parte sono stati annessi al territorio israeliano della grande Geruslemme, dall'altro sono dentro i territori palestinesi.
    La gente del posto tuttavia è molto orgogliosa della struttura, il primo campo da calcio ufficiale che la nazionale palestinese può esibire durante gli incontri internazionali come simbolo dell'orgoglio e di riconoscimento dello stato palestinese. A detta dei rappresentanti  della federazione Palestinese e della FCA (la Federazione Asiatica) la sua inaugurazione è stato un importante evento politico oltre che sportivo.
   Il campo è custodito da un personale di tredici impiegati, che si occupano della sicurezza e della manutenzione i quali ci mostrano contenti la moderna e grande struttura. La nazionale palestinese viene ad allenarsi qui, ci dicono orgogliosi e nella guesthouse, attrezzata ad ospitare due squadre, si svolgono i suoi ritiri e i giocatori vi alloggiano durante gli allenamenti. L'ingresso è gratis, le partite sono sempre affollate e il palco d'onore che svetta sotto la cabina tecnica è sempre pieno di personalità.
Nazionale palestinese
   La prima partita ufficiale ospitata dalla Palestina si è svolta lo scorso Marzo su questo campo. La nazionale ha giocato il secondo turno contro la Tailandia per la classificazione alle olimpiadi del 2012 non riuscendo però a qualificarsi. E' stata tuttavia una festa, finora le partite di qualificazione ufficiali della nazionale palestinese si erano svolte in altri paesi come la Giordania o il Kuwait. Con l'inaugurazione di questo campo si da l'opportunità ai palestinesi di seguire la propria nazionale in casa. “L'intero mondo vedrà oggi la Palestina vincere un grande risultato per mezzo dello sport” ha dichiarato il presidente della lega nazionale, Jibril Rajub, presente all'incontro.
   Per i palestinesi, riporta il sito ufficiale della FIFA, la partita con la Tailandia ha avuto un profondo significato politico rappresentando non solo un passo avanti nello sforzo di costruire delle istituzioni di uno stato ma anche nel mostrare che la Palestina è in grado di ospitare incontri calcistici a livello internazionale. La speranza è che attraverso il calcio la Palestina possa anche guadagnare una riconoscenza internazionale. Intanto la prossima partita, molto attesa vedrà ospite il 26 Giugno la squadra nazionale afghana per un incontro amichevole.
“Lo sport deve essere un ponte tra le persone e possibili via alla pace in questa regione” ha commentato un rappresentante della Federazione Calcistica Asiatica, tuttavia come non pensare alle squadre di Gaza sono rimaste escluse anche quest'anno dalla competizione.
Link utili
Federazione Calcistica Palestinese ( in arabo)
Pagina FIFA nazionale Palestinese (inglese)
West BAnk Premier League 2008/09
Breve storia calcio Palestinese
vista della curva Sud

Spalti d'onore
vista degli spalti con foto di Rajiub e del ministro dello sport Muhammad Ibrahim al Mahdun



Tuesday 5 April 2011

Morte di una colomba di pace




 Nella martoriata Jenin Giuliano aveva seguito le orme della madre, degnamente continuando l'opera di educazione alla non-violenza attraverso il teatro. Era tornato nella città della Cisgiordania dove sua madre aveva vissuto coraggiosamente sfidando le difficoltà di essere una donna israeliana in una città palestinese. Arna Meir Khamis, donna israeliana sposata ad un Palestinese, aveva fondato, negli anni ottanta a Jenin un teatro dove svolgeva attività educative rivolte principalmente ai bambini del campo profughi, cercando di curare con la terapia dell'arte recitativa i traumi di quell'infanzia militarizzata. Durante il triste assedio di Jenin nella seconda intifada il teatro fu distrutto, così Giuliano negli anni seguenti aveva cercato di ricostruirlo. Nel ridare vita al progetto della madre, al suo ritorno a Jenin Giuliano ha girato un documentario su quei bambini ormai ragazzi, alcuni dei quali coinvolti nell'intifada, che avevano frequentato il teatro della madre, il film, dal titolo Arna's Children esce nel 2004. Giuliano Meir Khamis dal 2006 era direttore artistico del Freedom Theater di Jenin. Stamattina è stato assassinato all'ingresso del teatro, nel campo profughi di Jenin. Questo omicidio colpisce una delle poche e isolate voci di dialogo attivo sul campo, tra una popolazione palestinese sempre più assediata dalla fame e dall'emarginazione e una società civile israeliana sempre più sorda, indifferente e impaurita dai propri scomodi vicini. E' una grave perdita per questa terra.




Saturday 2 April 2011

Venerdì 1 Aprile appuntamento settimanale a Sheykh Jarrah

      Sheykh Jarrah, ai piedi della città vecchia di Gerusalemme è un quartiere residenziale arabo che da due anni a questa parte è nelle mire di alcune agenzie di sviluppo urbano israeliano. Una di queste agenzie, Nahalat Shimon International nell'Agosto del 2008 ha presentato alla municipalità di Gerusalemme un piano di espansione e di edificazione dell'area che mira alla costruzione di circa 200 unità abitative e alla creazione di giardini e aree pubbliche. Si tratta sicuramente di una rivalutazione urbanistica della zona che dal punto di vista architettonico porterebbe ad un visibile miglioramento dell'area, purtroppo però a discapito degli abitanti arabi ed ad esclusivo vantaggio della popolazione israeliana. Le agenzie che hanno avanzato il progetto hanno stretti legami con i gruppi di coloni religiosi che già da anni si sono stabiliti nell'area provocando diversi problemi alla locale popolazione araba. L'obbiettivo di Nahalat Shimon assieme ai gruppi di coloni e alla fondazione pseudoarcheologica Elad è quello di creare una ampia zona di espansione urbana ebraica attorno alla città vecchia di Gerusalemme in modo da cancellare i quartieri arabi e di conquistare sempre più territorio da includere nella Grande Gerusalemme ebraica, relegando i palestinesi sempre più a est della città vecchia. 
    Questo progetto, i cui primi passi sono stati l'esproprio di abitazioni arabe e l'insediamento di coloni ebraici con una ordinanza ufficiale del Maggio 2009 porterà alla costruzione del un nuovo insediamento colonico Shimon Hatzadik (Simone il Giusto). Il processo è lo stesso di tanti altri quartieri e città arabe in Israele e in Cisgiordania, il bisogno di espansione urbana e demografica dello Stato Ebraico, i Piani di conquista degli urbanisti israeliani, la forte ideologizzazione politico-religiosa dei gruppi di coloni e la precarietà della proprietà araba danno luogo a questi mini-conflitti locali, la cui risonanza è sempre più insignificante ma i cui effetti sul delicato equilibrio di convivenza tra i due popoli sono a lungo andare devastanti.
     Non appena è cominciato il processo di esproprio e gli attacchi dei coloni alla popolazione locale, si è subito costituito un comitato per la difesa della proprietà araba a Sheykh Jarrah, le nazioni unite hanno scritto un report, pubblicato nell'Agosto del 2009, in cui denunciano i tentativi esproprio delle proprietà da parte dei coloni, e pochi sparuti gruppi di attivisti israeliani in appoggio ai palestinesi si sono dati da fare per organizzare una protesta settimanale. Così nasce l'appuntamento del Venerdì a Sheykh Jarrah, che come per Bil'in, Tuwani e altri villaggi palestinesi diventa l'occasione di incontro tra una minuscola parte di società israeliana che cerca di espiare le colpe del proprio stato e la popolazione araba sempre più assediata e ghettizzata. 
      Nei mesi passati questa manifestazione ha dato luogo a violenti scontri, quando la polizia ha cercato di bloccare i manifestanti. Da un paio di settimane nessuna traccia delle forze di sicurezza, solo alcuni agenti muniti di telecamere e macchine fotografiche. Ora sembra che l'azione delle forze dell'ordine si limiti al semplice controllo e monitoraggio, che tuttavia spesso, grazie a quelle riprese e fotografie, risulta in azioni di intimidazione nei confronti degli attivisti coinvolti in questa campagna. 
     Alla fine della manifestazione rimane il senso di impotenza di questo sparuto gruppo di attivisti dinnanzi ai progetti faraonici e a finanziamenti ancora più imponenti che stanno dietro alle agenzie ebraiche. Restano anche delle domande senza risposta: se da un lato è indubbiamente bello vedere attivisti israeliani assieme ai cittadini arabi lottare contro l'apartihed in uno spirito di pura e sentita solidarietà, dall'altro mi chiedo quanto questa comunanza possa veramente incidere e quanto invece sia frutto di utopie e di singole personalità in controtendenza in uno stato dove la segregazione fisica tra arabi ed ebrei è alla base della vita quotidiana ed è in constante aumento.
       Infine, resta anche da chiedersi se queste sparute manifestazioni di solidarietà da parte di attivisti israeliani, ben lontane dal provocare un moto di coscienza più ampio in tutta la società, siano funzionali ad uno stato che pur non agendo come una reale democrazia è sempre alla ricerca di una parvenza di democraticità che possa rendere giustificabili le sue più orribili politiche nei confronti della minoranza araba. E' forse per questa ragione che la polizia ha deciso di tollerare l'appuntamento settimanale di Sheykh Jarrah ?

una attivista israeliana mostra lo slogan "Neir Barakat (sindaco di Gerusalemme) vuol dire Apartihed

un manifestante arabo porta la bandiera palestinese sul tetto della sua ex casa occupata dai coloni

ufficiale di polizia intento a documentare 

un  colono nel bel mezzo della manifestazione decide che è giunta l'ora della passegiata del suo pitt-bull

ragazzo palestinese canta in rap la sua protesta