"L'uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante;
colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte; ma solo è
perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero" U. da S.Vittore

1. Ahmad



Ahmad
Ahmad e’ un bel ragazzino arabo di dieci anni, di quelli semplici e pieni di vita, che nasconde dietro il sorriso semplice di bambino, una gran voglia di vivere e tutta l’innocenza dei bimbi. Vive ad Hebron, al-Khalil in arabo, un po’ fuori città in una zona chiamata Tell Rumeida. Una collina artificiale, che sovrasta il centro storico medievale di Hebron, e che probabilmente fu il sito della città in epoca molto antica. Casa sua sta su uno spiazzo in cima alla collina, la casa e’ circondata da ulivi secolari, e a neanche 100 metri ci sono i resti della antica città : imponenti fortificazioni cananee, forse una torre. Sia la bellezza della natura, che il fascino delle rovine, fanno del posto un luogo veramente particolare. Un posto ideale per un bambino, per giocare e crescere; molto simile a tanti posti della mia Sicilia dove giocavo da piccolo incuriosito già allora da antiche rovine, la cui storia mio padre rivestiva di mito e leggenda e mi spiegava pazientemente, mentre io affascinato dalla sua voce da narratore, ascoltavo. E cosi’ potrebbe essere anche la infanzia di Ahmad, visto la somiglianza dei posti, e la vita di campagna, solo che tra quei posti dove ho vissuto la mia infanzia, ed Hebron, c’è una differenza non trascurabile.
La città di Ahmad, la sua terra sono state destinate da un Dio onnipotente e vendicativo, ad un popolo diverso dal suo. E ora dopo circa duemila anni di storia e tragedie, e di assenza il popolo destinato a possedere questa terra, il popolo eletto, è tornato per riprendersela, ed adempire alla somma volontà divina. Ma questo Ahmad non lo riesce a capire, non riesce a spiegarsi perché al di la delle rovine c’è del filo spinato, nuovo di zecca, e le case dei coloni che lo minacciano giornalmente. Ma sopratutto non riesce a spiegarsi Ahmad, quando glielo chiedo, perché Sabato scorso mentre giocava fuori di casa sotto gli ulivi con suo fratello maggiore dei ragazzi ebrei, sono usciti dalla colonia e lo hanno picchiato, gli hanno tirato dei sassi ferendolo in testa e lo hanno fatto precipitare da un fosso di due metri, provocandogli la rottura del braccio.
check point dentro la città di Hebron
Il quartiere dove vive Ahmad, Tell Rumeida, rientra dentro quella parte della citta’ vecchia di Hebron che e` stata chiusa con blocchi di cemento e check point, ed e’ denominata area H2, zona dove vi sono gli insediamenti dei coloni. Da qui, per raggiungere l’ospedale più vicino, bisogna attraversare mezzo chilometro a piedi con i malati al seguito, passare un check point e prendere una macchina o un taxi appena fuori. E questo non e’ solo che un esempio dei disagi (anche se mi sembra un eufemismo usare questa parola legata alla nostra concezione occidentale di bisogno e di servizio) che la popolazione araba dell’area H2 di Hebron subisce giornalmente.
In queste condizioni di mobilità, spesso aggravate dai coprifuoco, i palestinesi sono privati di ogni tipo di servizio sanitario efficiente, non possono trasportare beni di consumo in grandi quantità con le macchine, e la continuità scolastica dei ragazzi è seriamente minacciata.
Questi solo i principali effetti delle restrizioni che lo stato di Israele impone alla popolazione araba per difendere la sicurezza dei coloni ebrei e delle loro colonie che nel frattempo lo stesso Stato di Israele dichiara illegali, mettendo su i teatrini degli sgomberi.