"L'uomo che trova dolce la sua patria non è che un tenero principiante;
colui per il quale ogni terra è come la propria è già un uomo forte; ma solo è
perfetto colui per il quale tutto il mondo non è che un paese straniero" U. da S.Vittore

Saturday 2 April 2011

Venerdì 1 Aprile appuntamento settimanale a Sheykh Jarrah

      Sheykh Jarrah, ai piedi della città vecchia di Gerusalemme è un quartiere residenziale arabo che da due anni a questa parte è nelle mire di alcune agenzie di sviluppo urbano israeliano. Una di queste agenzie, Nahalat Shimon International nell'Agosto del 2008 ha presentato alla municipalità di Gerusalemme un piano di espansione e di edificazione dell'area che mira alla costruzione di circa 200 unità abitative e alla creazione di giardini e aree pubbliche. Si tratta sicuramente di una rivalutazione urbanistica della zona che dal punto di vista architettonico porterebbe ad un visibile miglioramento dell'area, purtroppo però a discapito degli abitanti arabi ed ad esclusivo vantaggio della popolazione israeliana. Le agenzie che hanno avanzato il progetto hanno stretti legami con i gruppi di coloni religiosi che già da anni si sono stabiliti nell'area provocando diversi problemi alla locale popolazione araba. L'obbiettivo di Nahalat Shimon assieme ai gruppi di coloni e alla fondazione pseudoarcheologica Elad è quello di creare una ampia zona di espansione urbana ebraica attorno alla città vecchia di Gerusalemme in modo da cancellare i quartieri arabi e di conquistare sempre più territorio da includere nella Grande Gerusalemme ebraica, relegando i palestinesi sempre più a est della città vecchia. 
    Questo progetto, i cui primi passi sono stati l'esproprio di abitazioni arabe e l'insediamento di coloni ebraici con una ordinanza ufficiale del Maggio 2009 porterà alla costruzione del un nuovo insediamento colonico Shimon Hatzadik (Simone il Giusto). Il processo è lo stesso di tanti altri quartieri e città arabe in Israele e in Cisgiordania, il bisogno di espansione urbana e demografica dello Stato Ebraico, i Piani di conquista degli urbanisti israeliani, la forte ideologizzazione politico-religiosa dei gruppi di coloni e la precarietà della proprietà araba danno luogo a questi mini-conflitti locali, la cui risonanza è sempre più insignificante ma i cui effetti sul delicato equilibrio di convivenza tra i due popoli sono a lungo andare devastanti.
     Non appena è cominciato il processo di esproprio e gli attacchi dei coloni alla popolazione locale, si è subito costituito un comitato per la difesa della proprietà araba a Sheykh Jarrah, le nazioni unite hanno scritto un report, pubblicato nell'Agosto del 2009, in cui denunciano i tentativi esproprio delle proprietà da parte dei coloni, e pochi sparuti gruppi di attivisti israeliani in appoggio ai palestinesi si sono dati da fare per organizzare una protesta settimanale. Così nasce l'appuntamento del Venerdì a Sheykh Jarrah, che come per Bil'in, Tuwani e altri villaggi palestinesi diventa l'occasione di incontro tra una minuscola parte di società israeliana che cerca di espiare le colpe del proprio stato e la popolazione araba sempre più assediata e ghettizzata. 
      Nei mesi passati questa manifestazione ha dato luogo a violenti scontri, quando la polizia ha cercato di bloccare i manifestanti. Da un paio di settimane nessuna traccia delle forze di sicurezza, solo alcuni agenti muniti di telecamere e macchine fotografiche. Ora sembra che l'azione delle forze dell'ordine si limiti al semplice controllo e monitoraggio, che tuttavia spesso, grazie a quelle riprese e fotografie, risulta in azioni di intimidazione nei confronti degli attivisti coinvolti in questa campagna. 
     Alla fine della manifestazione rimane il senso di impotenza di questo sparuto gruppo di attivisti dinnanzi ai progetti faraonici e a finanziamenti ancora più imponenti che stanno dietro alle agenzie ebraiche. Restano anche delle domande senza risposta: se da un lato è indubbiamente bello vedere attivisti israeliani assieme ai cittadini arabi lottare contro l'apartihed in uno spirito di pura e sentita solidarietà, dall'altro mi chiedo quanto questa comunanza possa veramente incidere e quanto invece sia frutto di utopie e di singole personalità in controtendenza in uno stato dove la segregazione fisica tra arabi ed ebrei è alla base della vita quotidiana ed è in constante aumento.
       Infine, resta anche da chiedersi se queste sparute manifestazioni di solidarietà da parte di attivisti israeliani, ben lontane dal provocare un moto di coscienza più ampio in tutta la società, siano funzionali ad uno stato che pur non agendo come una reale democrazia è sempre alla ricerca di una parvenza di democraticità che possa rendere giustificabili le sue più orribili politiche nei confronti della minoranza araba. E' forse per questa ragione che la polizia ha deciso di tollerare l'appuntamento settimanale di Sheykh Jarrah ?

una attivista israeliana mostra lo slogan "Neir Barakat (sindaco di Gerusalemme) vuol dire Apartihed

un manifestante arabo porta la bandiera palestinese sul tetto della sua ex casa occupata dai coloni

ufficiale di polizia intento a documentare 

un  colono nel bel mezzo della manifestazione decide che è giunta l'ora della passegiata del suo pitt-bull

ragazzo palestinese canta in rap la sua protesta

No comments:

Post a Comment